Investimento in arte: passione o speculazione?

Investimento in arte: passione o speculazione?

Fare soldi è un’arte, fare buoni affari è la migliore forma d’arte” Andy Warhol. Ma quindi… l’investimento in arte è più frutto di una semplice speculazione o nasce dalla passione?

Come già sappiamo l’investimento in arte è un’attività in rapida crescita che interessa un pubblico sempre più ampio, costituito non soltanto da aziende ma anche da privati.

Questo infatti è un mercato ricco di vantaggi ed offre ottime garanzie di guadagno. Eppure da molti, soprattutto critici, studiosi e appassionati della materia, questa nuova frontiera di business non è ancora vista di buon occhio.

Investimento in arte: passione o mera speculazione?

Spesso l’investimento in arte è considerato come una mera speculazione per la quale l’opera viene considerata una merce di scambio il cui unico valore è quello monetario. Il fatto che sia un oggetto di profondo valore culturale ed estetico non viene preso in considerazione.

Ma perché tanta avversione nei confronti di una realtà che, in modi diversi, è sempre esistita e si è sempre affiancata al mondo artistico?

Per comprendere le dinamiche del mercato dell’arte attuale è sufficiente osservare la storia: guardando alle epoche passate ci accorgiamo che queste due realtà – l’arte e l’economia – sono sempre state indissolubilmente legate, pur viaggiando su due binari diversi.

I due binari che si incrociano

I grandi artisti non hanno mai prodotto esclusivamente per la gloria: il loro lavoro era lautamente pagato e nella maggioranza dei casi eseguito previa commissione. 

Fare l’artista significava – e significa tuttora – svolgere un mestiere come un altro, che merita quindi una retribuzione e un riconoscimento.

Gli artisti impiegano il loro tempo e le loro energie per produrre, per dare forma all’espressività lasciando testimonianza del proprio tempo. Sostenere un artista acquistando le sue opere non significa mercificare un bene dal valore troppo elevato da non poter essere inquinato con il denaro. Anzi, significa dare riconoscimento e offrire all’arte la possibilità di continuare ad esistere.

I grandi maestri del passato

Tutti i grandi pittori e scultori del passato continuavano la loro disciplina perché le opere che producevano venivano vendute e commerciate. La leggenda dell’artista tormentato e maledetto che vive in miseria è vera solo per un numero ristrettissimo di personaggi: una percentuale troppo irrilevante rispetto alla totalità degli artisti conosciuti che hanno fatto la storia. 

Nel rinascimento i grandi maestri vivevano in maniera agiata, da Tiziano, al Mantegna a Michelangelo… tutti godevano di un’ampia fama e di notevole ricchezza. Anche il Caravaggio, se non avesse avuto una vita turbolenta a causa del suo carattere tempestoso e non fosse stato costretto a fuggire continuamente, avrebbe potuto godere del denaro con il quale gli erano lautamente pagate le sue tele.

Investimento in arte nell’epoca moderna

Allo stesso modo funzionava nell’epoca moderna, pensiamo ad esempio agli impressionisti, ricchi e famosi in tutta europa grazie alle loro opere. Molto probabilmente anche Van Gogh, esempio principe di questa idea del pittore tormentato che conduce una vita di miseria, avrebbe avuto il suo riconoscimento se non fosse morto così giovane.

Nell’epoca rinascimentale esistevano addirittura delle tabelle di prezzo che indicavano il costo di un lavoro, in base al numero di personaggi presenti nel dipinto.

Erano i committenti quindi, con le loro cariche e con il loro prestigio, ad attribuire valore all’artista, consacrandolo sia alla fama che al mercato. Oggi i committenti non sono più ricche famiglie, papi, re o imperatori bensì gli acquirenti stessi.

Non si può quindi pensare che l’investimento in arte sia pura speculazione o pura passione: è difatti un insieme di entrambi.

L’arte apre le porte alla globalizzazione

Negli anni 60 si è cominciato ad accettare in modo molto più aperto questa realtà e fu lo stesso Andy Warhol. Lui stesso portò all’interno di gallerie e musei i prodotti dei supermercati e dichiarò che anche l’arte doveva essere consumata come qualunque altro prodotto commerciale. 

La Pop Art è stato il periodo artistico che più apertamente ha permesso o incentivato a considerare l’opera artistica come merce, aprendo completamente le porte al mercato. 

Da qui possiamo capire che l’arte di oggi riflette l’epoca in cui viviamo e nella quale l’economia è il fattore determinante di ogni settore. 

Sarebbe però ingiusto dire che è solo il mercato che fa l’arte, poiché affinché un’opera cresca nel tempo l’artista deve riuscire dare prova di sé e del suo talento. In poche parole: se l’offerta del prodotto non ha un valore – estetico, culturale, emozionale – l’interesse nel tempo crolla.

 È quindi indiscutibile che per riuscire ad alzare le quotazioni devono esserci requisiti e ragioni valide che ne permettano la crescita.

Cos’è quindi l’investimento in arte?

Questo è il motivo per cui investire in arte non è una “banale” manovra finanziaria ma sono necessarie passione e conoscenza della materia, specialmente se si vuol essere certi di fare un buon investimento. 

Collezionare arte oggi ha indubbiamente a che fare con l’economia, molto più di quanto sia mai stato in passato. Questo però non è per forza un male: abbiamo capito infatti che investire significa aiutare e contribuire al lavoro degli artisti e acquistare un’opera d’arte significa entrare in possesso di un oggetto di qualità che ha un valore educativo e arricchente.

L’investimento in arte non può essere fatto al solo fine speculativo poiché conserva quella imprescindibile componente emozionale e di interesse culturale.

Arte e denaro è un connubio che esiste da sempre e che continuerà ancora per parecchio tempo… ma è proprio grazie al denaro e agli enormi capitali investiti in essa che l’arte continua ad esistere.

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